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copertina intelligenza artificiale

Chiediamo all’intelligenza artificiale: cosa significa essere umani?

-TL;DR-
Letteralmente "Too Long, Didn't Read".
In italiano: riassunto.

Quando parliamo di intelligenza artificiale passiamo dall'euforia all'ansia in pochi secondi. Ci chiediamo come faremo quando le macchine saranno più intelligenti di noi. Ci dimentichiamo che abbiamo un grande vantaggio rispetto a loro: abbiamo dei valori, un'etica e proviamo empatia. La responsabilità rimane nostra.

Avevo altre idee per inaugurare il blog ma tutto questo vociferare sull’intelligenza artificiale mi ha fatto venire voglia di dire la mia sul tema.

Perché?

Di per sé è un tema che spaventa. Si parla di futuro (prossimo?) e non sappiamo come controllarlo.

Se lo proiettiamo sulle vite dei nostri figli allora potrebbe creare un vero e proprio cortocircuito emozionale, direi quasi un attacco di panico. Ecco, voglio provare ad evitarti il panico.

Parlerò un po’ di cos’è l’intelligenza artificiale e perché tende a farci paura.

Poi ti dico anche qual è la grande differenza tra l’essere umano e le macchine. Perché possiamo essere ottimisti e speranzosi che ci potrà migliorare la vita.

Prima di iniziare ti ricordo che il progetto Tecnologia Familiare nasce dall’unione della passione per il digitale e quella per l’educazione. Un futuro felice non può più prescindere da un equilibrio digitale e, in qualità di genitori, abbiamo anche questa responsabilità nei confronti dei nostri figli.

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Umanoide con intelligenza artificiale
Foto di Possessed Photography su Unsplash

Un’intelligenza artificiale può essere ritenuta responsabile di quello che scrive, dice o fa?

Ultimamente mi capita spesso, in svariati ambiti, di chiacchierare di intelligenza artificiale. Quando questo accade, mi trovo di fronte a svariate posizioni in merito.

Ci sono persone a cui brillano gli occhi e che sostengono che l’IA possa portarci a realizzare grandi obiettivi.

Ce ne sono altre, molto scettiche, che vorrebbero fermare questa avanzata tecnologica, preoccupati per le conseguenze che avrà sulle nostre vite.

E poi ci sono tutte quelle persone che non hanno ancora un’idea ben precisa e che non riescono ancora a prendere posizione in merito.

Maria Rosaria Taddeo, ricercatrice ad Oxford, su Science Robotics ha definito l’intelligenza artificiale come:

“una risorsa di agenti autonomi capaci di interagire e di imparare, e che possono essere usati per eseguire compiti che altrimenti richiederebbero l’intelligenza umana per essere eseguiti con successo”.

I punti che ci portano a temere l’AI sono il fatto che sia autonoma e che possa imparare.

Molto velocemente

In un attimo, siamo portati a fare una considerazione:

“Cosa succederà agli esseri umani quando queste macchine autonome avranno imparato a essere più intelligenti di noi?”

Si parla di “singolarità tecnologica”, ovvero il momento nello sviluppo di una civiltà, in cui il progresso tecnologico accelera oltre la capacità di comprendere e prevedere degli esseri umani.

Se possa mai avvenire per il momento non possiamo saperlo.

Un conto è avere macchine automatiche alle quali diamo un compito è loro le eseguono, come per esempio un robot da cucina o un robot tagliaerba.

Diverso è immaginare un robot da cucina che ha imparato come riconoscere cosa avremmo voglia di mangiare per cena e, in autonomia, lo prepara.

Bella… ma anche un po’ da brividi questa intelligenza artificiale.

E.M. Forster, nel suo racconto “La macchina si ferma”, scriveva così: 

Noi abbiamo creato la Macchina affinché ubbidisse al nostro volere ma noi ora non riusciamo a farle eseguire i nostri ordini. La Macchina procede ma non verso la nostra meta. Noi esistiamo solo come globuli sanguigni che scorrono nelle sue arterie, e se Lei potesse funzionare senza di noi ci lascerebbe morire.”

Era il 1909 e il romanzo voleva essere fantascientifico e distopico.

In realtà aveva già previsto diversi progressi tecnologici e alcune conseguenze: solitudine, isolamento e alienazione, fino alla viralità che prende il sopravvento sull’originalità.

Io faccio parte del gruppo di persone a cui brillano gli occhi sentendo parlare di intelligenza artificiale, essendo cresciuta a pane e Asimov.

Asimov in libreria

Significa che non mi spaventino alcuni suoi aspetti? Decisamente no.

Gli svolgimenti apocalittici di alcuni romanzi cyberpunk mi portano in uno stato d’ansia non indifferente. Poi razionalizzo e mi torna il desiderio di vedere altri progressi.

Parto dal presupposto che le macchine non siano, di per sé, intelligenti. Si comportano come tali perché una forma di intelligenza umana ha detto loro come comportarsi.

Le macchine non sono dotate di intuizioni, di etica, di consapevolezza né di coscienza.

Noi sì. Potranno esserlo in futuro? Forse sì.

Il nostro obiettivo dev’essere quello di creare un’intelligenza artificiale che condivida i nostri valori.

Un’intelligenza alla quale possiamo insegnare a cosa diamo valore e come prendere le decisione in base ad esso.

E dico “nostro” anche se non siamo sviluppatori software e non ci intendiamo di machine learning perché siamo tutti coinvolti in questo processo.

Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale è una tecnologia trasformativa.

Un giorno sarà parte integrante delle nostre vite senza destare stupore, come lo sono oggi l’energia elettrica o l’acqua corrente. Al momento, però, l’AI sta modificando le nostre interazioni con l’ambiente e, nel farlo, è possibile che ci indichi anche una direzione da seguire.

Per evitare che possa limitare la nostra capacità di scegliere, dobbiamo utilizzarla a supporto della nostra determinazione, non al suo posto. 

Pochi giorni fa, il giornalista Federico Rampini, ha scritto un articolo in cui si mostrava preoccupato per le performance straordinarie di ChatGPT, un prototipo di chatbot basato sull’intelligenza artificiale.

A preoccuparlo era il fatto che l’AI fosse stata in grado di scrivere un saggio al posto suo in maniera “dignitosa”, sia per forma sia per contenuto. 

Si chiedeva che idea si fanno del loro futuro gli studenti che hanno adottato senza esitazioni ChatGPT perché scriva temi e saggi al posto loro.

“Si immaginano una vita in vacanza perpetua mentre le macchine lavorano al posto loro?”

Umanoide con intelligenza artificiale che legge
Foto di Andrea De Santis su Unsplash

La risposta è che gli studenti, le nuove generazioni, i nostri figli, si immaginano la vita sulla base di come li educhiamo noi.

Possiamo insegnare loro che le macchine non porteranno via il lavoro agli esseri umani indiscriminatamente. Ci aiuteranno a vivere meglio, a fare meglio. Ci daranno la possibilità di avere più tempo, di non doverlo utilizzare in azioni ripetitive che possiamo decidere di lasciar fare alle macchine.

Dobbiamo insegnare loro anche il valore dell’etica, della responsabilità di quello che scriviamo e dell’originalità. 

Un articolo scritto da un giornalista che si limita a stilare una mera lista di eventi non sarà riconoscibile da un articolo scritto dall’intelligenza artificiale.

È vero.

Lasciamo, dunque, che lo scriva l’intelligenza artificiale!

Nel frattempo, godiamoci tutto il tempo guadagnato e reinvestiamolo nell’approfondimento, nell’inchiesta, sullo storytelling che ci coinvolge in prima persona, nelle emozioni, nell’empatia.

Una macchina non ha la responsabilità di ciò che ha scritto, detto o fatto. 

La responsabilità rimane sempre in mano nostra. 

Come l’educazione delle nuove generazioni.

Che emozioni provi quando si parla di intelligenza artificiale? Come pensi che cambierà la vita di tuo figlio?

Scrivimelo nei commenti, è uno dei temi più interessanti del momento e mi piacerebbe parlarne anche con te!

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